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D come disturbo

4 gennaio 2021

Vi ho mai detto che sono stato un ADHD?

ADHD è una sigla che indica il deficit di iperattività ed attenzione che ha il suo esordio da bambini ma spesso ci si porta dietro in età adulta .
Oggi se ne parla un po’ di più ma negli anni 90, quando fu diagnosticato a me erano i primi anni in cui si sentiva questo acronimo.

Avendo a che fare per lavoro con bambini spesso mi sento dire dai genitori -eh sai lei è iperattiva non sta mai ferma- e discorsi simili. Ovviamente mi viene da sorridere perché si tende a confondere l’entusiasmo, la frenesia e l’inesauribile energia fisica dei bambini con la vera condizione ipercinetica clinica.

Ricordo molto bene che il mio non stare mai fermo, non era dovuto al bisogno di sfogare l’energia tipica dei bambini che sembra non si stanchino mai… piuttosto era causato dal continuo reagire ad ogni stimolo con curiosità ed emulazione.
Il “deficit dell’attenzione” derivava dal senso di ammirazione di ciò che mi trovavo davanti, che fosse un cantante, un ginnasta circense, un pittore, un cuoco o altro, la mia voglia di capire cosa si prova a saper fare quella cosa mi spingeva ad approcciarmi a quella determinata attività.
Il bello è che essendo una fase “acuta” tutte le attenzioni erano concentrate sullo svolgere quel compito quasi fosse il mio unico obiettivo nella vita e questo portava a conseguire buoni risultati in quasi tutto ciò che facevo, al punto da far pensare chi mi aveva intorno che avessi trovato la mia vera passione.
Tuttavia dopo poco tempo mi distraevo e con la stessa tenacia e perseveranza cambiavo interesse e mi mettevo a fare altro, essendo colpito continuamente da ogni genere di stimolo.
Era qualcosa di più che un normale “provare a fare un altro sport” tipico dei bambini alla ricerca del proprio sport preferito, ad esempio; era più uno spasmodico bisogno di saper fare tutto ciò che sanno fare anche gli altri per sentirmi speciale o accettato da tutti, me stesso compreso.

La vera differenza nella realizzazione della propria persona sta qui, secondo me.

Questa mia peculiarità mi ha portato a coltivare molti interessi ed approcciarmi a tantissime attività sportive, musicali, lavorative, artistiche ecc, ma a raggiungere un livello sufficiente/buono in ciascuna di esse.
Per molte persone questa condizione suscita un apparente e superficiale “wow sai fare tutto” ma che poi non porta a un reale interesse verso le mie capacità.
In realtà le persone sono più colpite da chi eccelle.

Purtroppo per un ADHD eccellere è davvero difficile.

Per eccellere serve applicarsi su UNA o DUE cose per anni ed anni, lasciando perdere le distrazioni.
Questo percorso comporta scegliere quale campo portare avanti abbandonando altri interessi.
Per me queste scelte sono state strazianti.
Abbandonare alcune attività sportive o clulturali, ma anche semplicemente dover scegliere la scuola superiore è stato un dramma. A 13 anni mi trovai a dover dare una direzione piuttosto specifica della mia vita,
Io volevo imparare a dipingere ma mi affascinava anche la biologia, ero predisposto ad apprendere le lingue e non disdegnavo lavori manuali.
Ogni volta che mi convincevo di scegliere qualcosa non riuscivo a smettere di pensare che stavo rinunciando a qualcos’altro, perdendo quindi l’occasione di imparare qualcosa di nuovo, mi sentivo come se stessi perdendo l’opportunità di essere più completo, mi sembrava di lasciar andare un pezzo di un potenziale “me”.

Mi era stato detto, come si fa con tutti i bambini per infondergli fiducia in loro stessi, di avere le potenzialità per poter fare qualunque cosa, ed io mi affidavo a queste parole confidando che sarei riuscito a diventare un asso in ogni attività che intraprendevo. L’approccio iniziale era buono ma quando vedevo che venivo “superato” nel giro di poco o che il mio percorso inizialmente promettente dopo un po’ rallentava mi sentivo come se avessi fallito o se avessi creduto un po’ troppo nelle mie capacità.
Speravo che un giorno sarei stato così bravo da poter suscitare negli altri la stessa ammirazione che avevo vissuto prima io, ma mi rendevo conto che tutto questo non accadeva mai e che non ero mai diventato un modello da seguire come invece lo erano stati altri per me.

Forse questo ha fornito un buon appiglio ai bulli che mi prendevano di mira.
Quando sei un fenomeno, o comunque una promessa nel tuo ambito in qualche modo forse riesci ad essere rispettato, o comunque ti rifugi in quel quadratino minuscolo dove solo tu sai essere il massimo, quando sei un tuttofare che però non è mai il più bravo in niente è più difficile ottenere la stima di qualcuno.
Quando tutto ciò che hai da dimostrare è di saper combinare qualcosa in cucina, dipingere un quadro decente, suonare e cantare più o meno benino una canzone, insomma, pasticciare un po’ dappertutto, l’impressione generale è meno forte di una persona che si dimostra veramente talentuosa in un campo e che in quello risulta essere estremamente competitivo o addirittura il migliore.

-ma non ti fermi mai?
-ma c’è qualcosa che non sai fare?
-ah pure questo? Siccome ne facevi poche.

Quante volte mi sono sentito dire queste frasi, consapevole della buona fede di chi le pronunciava, magari sorridendo e scherzandoci su ma dentro di me facendo spallucce e sperando un giorno di riuscire ad essere eccellente in qualcosa.
Mi è pesato spesso, non tanto per la mia percezione, ma per il confronto coi pari, che inevitabilmente ci mette di fronte ai nostri successi e ai nostri fallimenti.

Essere un ADHD è stato difficile per me e per chi mi ha avuto accanto nella vita, e anche se tutto sommato non ho rimpianti per aver seguito ciò che sentivo di fare, un po’ di sana invidia per chi ha avuto sempre e subito le idee chiare su cosa fare e chi essere mi capita di provarla.

Emanuele

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