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R come resto

15 gennaio 2020

Quando compro qualcosa in un negozio e pago in contanti, ho l’abitudine di attendere con la mano aperta a palmo verso l’alto che il commerciante mi dia il resto.

Alcuni lo appoggiano semplicemente sul bancone, altri lo lasciano direttamente sulla mia mano.

Ci avete mai fatto attenzione?

Questo è il mazzo di carte di mio nonno, quello con cui mi ha insegnato a giocare a briscola.

Per molto tempo mi dannai l’anima per aver perso il re di quadri, non riuscivo proprio a trovarlo.

Mio nonno se n’è andato all’improvviso il 27 gennaio 2003, e subito presi quel mazzo di carte con me, con ancora il suo odore sopra, quello delle sue mani.

Osservo il dorso di ogni carta consunto dall’energico mescolamento che ogni volta esibiva con movimenti precisi ed esperti e che mi teneva gli occhi incollati sopra come se fosse una piccola magia.

Probabilmente la mia espressione entusiasta quando giocando mi capitava di pescare l’asso o il tre mi tradiva così il più delle volte riusciva ad intuire quando fossi in possesso di buone carte, riuscendo strategicamente a vincere nonostante ne avesse di meno forti.

Ma di questo ho già parlato in passato, quello che volevo dire è che un bel giorno, molti anni dopo, mi capitò di frugare dietro uno scaffale e ritrovare il re di quadri.

La carta era lì, in terra, impolverata e spiegazzata che mi fissava. Si, mi sentivo osservato da quel vecchio barbuto in toga rossa che mi suggeriva di raccoglierlo.

Anche se era passato tanto tempo appena lo vidi lo riconobbi subito, come quando incontri qualcuno la prima volta e hai la sensazione che sia speciale.

Presi la carta in mano e passai il dito sulle pieghe, osservai il disegno sul dorso ed avevo ragione… era proprio lei, senza dubbi.

Capii che non l’avrei mai più voluta lasciare e così per un po’ la tenni nel portafoglio, poi per paura di perderla nuovamente la aggiunsi al mazzo, insieme alle sue vecchie compagne di una vita.

Ogni volta in questi giorni della merla l’avvicinarsi dell’anniversario di quello che sarebbe stato il lutto più forte della mia vita sento il bisogno di toccare quel mazzo di carte, magari di farci un solitario o anche semplicemente annusarlo per percepire ancora quel profumo di “antico”.

Lo rivedo seduto a quel tavolino bianco nella veranda accanto alle rose nel vaso che aveva fatto rampicare su una grata di legno, sorridente che mischia le carte aspettando che mi sieda nei pomeriggi primaverili o estivi con la sua radiolina accanto sempre fissa sui risultati delle partite di pallone… poi rivedo me che dopo la notizia che non era stato bene mi stesi sul mio letto stringendo il crocifisso e pregando a più non posso, convincendomi che dopo tutto questo pregare e sperare, Dio avrebbe avuto un piccolo debito con me e non me l’avrebbe tolto. Pagai molto cara questa ingenuità.

Ecco, ritrovare quella carta è stato un po’ come quando dopo aver pagato, il resto ti viene dato direttamente nella mano.

Nonno mi stava dicendo “tieni, questo è il resto, siamo pari”.

Ma io non riesco a capirlo e anzi, continuo a pagare… perché il resto mi sembra ancora troppo poco, e la mia mano è ancora stesa sul bancone che aspetta qualcosa di più che però, ahimè, ancora non arriva

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